Schengen Police Connection


Sull’uso delle misure amministrative preventive in Europa

Come è possibile che unə cittadinə europeə venga fermatə, controllatə, interrogatə, addirittura espulsə o anche arrestatə e detenutə per aver attraversato un confine UE, senza essere accusatə di nessun reato? 

IL FATTO. 
Venerdì 21 novembre 2025 l’illustratrice e fumettista italiana Elena Mistrello prende un aereo per andare a Tolosa, in Francia: sta andando a uno dei tanti festival di fumetto a cui partecipa ogni anno, invitata a firmare le copie del suo primo libro tradotto in francese. Appena atterrata, prima ancora di entrare in aeroporto, tre agenti della Police Nationale la bloccano e le comunicano subito che non può entrare in Francia. Prova a spiegare ai poliziotti che lei è lì per lavoro e che deve assolutamente andare a questa fiera. Gli agenti sono irremovibili: secondo loro infatti la fumettista rappresenterebbe “una minaccia per l’ordine pubblico e la sicurezza nazionale francese”, nonostante sia incensurata e senza processi in corso, né in Italia né in Francia. Senza ulteriori spiegazioni, nel giro di un quarto d’ora, la rimettono sullo stesso aereo con cui è arrivata, con in tasca un verbale di espulsione dal territorio francese.

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Rientrata a Milano, Elena racconta la sua storia con un breve testo pubblicato sul suo blog: https://elenamistrello.wordpress.com/2025/11/22/piccola-cronaca-di-un-respingimento-forzato-toulouse-2025/che ottiene parecchia visibilità. L’eco mediatica dell’episodio fa nascere indignazione e molte domande nell’opinione pubblica italiana e francese.

Di fronte a tutta questa attenzione pensiamo sia importante inserire l’accaduto in un quadro più ampio, perché purtroppo non si tratta di un evento né casuale, né isolato. 
Come accenna anche Elena nel suo testo, questa espulsione, molto probabilmente, è legata alle grosse mobilitazioni antifasciste e anticapitaliste internazionali avvenute in Europa nel 2023, e la sua vicenda è solo l’ultima di una lunga serie di “anomalie”. Infatti, negli ultimi due anni e mezzo molte decine di attivistə e militanti italianə sono state fermatə, controllatə, interrogatə, in alcuni casi espulsə e addirittura arrestatə e detenutə per alcuni giorni per aver attraversato dei confini Europei, senza essere accusatə di reati specifici ma solo perché ritenutəgenericamente “pericolosə”

Vogliamo quindi partire da questo caso per allargare lo sguardo e fare luce su un problema sempre più sistematico che ormai non si può più ignorare.

L’ANTEFATTO. 
Il 2023 è un anno particolare per la storia e la memoria del movimento antifascista europeo. Sono vent’anni dalla morte di Davide Cesare “Dax”, ucciso a Milano nel 2003, e dieci anni dalle morti di Clément Meric, ucciso nel giugno 2013 a Parigi, e Pavlos Fyssas, “Killah P”, ucciso nel settembre 2013 vicino ad Atene. 
In quest’annata si organizzano decine di incontri, assemblee, manifestazioni e concerti in diversi Paesi. Antifascistə e anticapitalistə da tutta Europa (e non solo) si ritrovano a Milano, Parigi, Atene, Madrid per confrontarsi, scambiare esperienze e costruire una prospettiva comune di lotta. Ovviamente Governi e Polizie europee non gradiscono: la creazione di questa rete di relazioni viene subito presa di mira.

In questo contesto, nel giugno 2023, un grosso gruppo di compagnə italianə arriva a Parigi per partecipare alla settimana di commemorazione in onore di Clément Meric. 
Tra queste persone c’è anche la fumettista Elena Mistrello.
Concerti, assemblee e manifestazioni sono pubbliche e si svolgono senza alcun incidente o tensione, ma già durante queste iniziativetre compagnə italianə vengono pedinatə,ammanettatə e arrestatə  mentre si trovano in una farmacia e deportatə poi in un CRA (analogo francese di un CPR, centro di detenzione amministrativa per migranti) per essere espulsə. Non viene presentata loro nessuna denuncia e non sono accusatə di nessun reato: sono solo indicatə in modo generico come persone “pericolose”. In una situazione kafkiana, per tutta la prima giornata allə tre compagnə non viene data nessuna spiegazione di quello che sta succedendo. Solo la sera scoprono che l’allora Ministro degli Interni francese, Gerard Darmanin, ha emesso contro loro e altrə antifascistə una misura chiamata IAT (Interdiction Administrative du Territoire, Interdizione Amministrativa dal Territorio), un divieto di stare sul territorio francese, proprio in vista della settimana di commemorazione per Clément. 
Il Prefetto chiede una reclusione di un mese, prolungabile fino a tre mesi in attesa dell’espulsione. Lə compagnə riescono però a fare ricorso a un giudice: il tribunale dichiara illegittima questa detenzione e al terzo giorno vengono liberatə (due anni dopo anche l’IAT verrà dichiarata illegittimo perché basato su criteri troppo generici e il Ministro Darmanin verrà condannato a risarcire le spese legali di questo caso). 

La storia però non è finita. Nei mesi e negli anni successivi si registrano molte “anomalie” nei controlli alle frontiere per decine di italianə che avevano preso parte alle giornate parigine del 2023. Il caso di Elena è solo l’ultimo in ordine di tempo e il più eclatante. In questi due anni e mezzo si contano tantissimi episodi di controlli, lunghi interrogatori, ritardi esagerati nella consegna dei passaporti e difficoltà nel passare le frontiere europee, sia per motivi personali che di lavoro. Sappiamo con certezza che per almeno una ventina di persone questa situazione è diventata sistematica. A questi casi possiamo aggiungere quasi un centinaio di italianə respintə alla frontiera francese con delle IAT sempre nel 2023 mentre raggiungevano una manifestazione NO TAV, i casi di espulsione di attivisti pro Palestina dalla Germania e le 5 persone italiane dirette ad Amburgo mentre si svolgeva un convegno antimilitarista, espulse nel novembre 2025.

È probabile però che i casi reali siano molti di più. 

COSA STA SUCCEDENDO?
Come è possibile che unə cittadinə europeə venga fermatə, controllatə, interrogatə, addirittura espulsə o anche arrestatə e detenutə per aver attraversato un confine UE, senza essere accusatə di nessun reato? 

La risposta si trova nell’uso sempre più diffuso di misure amministrative e preventive. 
Ma di cosa si tratta? Sono un insieme di misure che limitano la libertà di movimento (per esempio il divieto di entrare o uscire da alcune zone, città o Paesi, di uscire di casa in alcuni orari, di passare alcune frontiere, fino a delle vere e proprie detenzioni). Sono “amministrative” nel senso che non sono “penali”: non puniscono un reato specifico, ma genericamente il “comportamento personale”. Non vengono decise da un giudice e non si basano su un processo: sono emesse dal Ministro degli Interni o dal Prefetto, sulla base di indicazioni della Polizia che ritiene “pericolose” o “sospette” alcune persone in modo generico. Sono “preventive” perché non puniscono un crimine già commesso, non si basano né su una condanna né su una denuncia specifica, ma limitano la libertà di persone che secondo la Polizia “potrebbero” forse commettere dei reati in futuro.
Per questo non fanno differenza tra persone pregiudicate e incensurate, tra chi ha denunce e processi in corso e chi no. Possono colpire potenzialmente tuttə.
È evidente che delle misure di questo tipo si trovino in un’area grigia ai confini dello Stato di Diritto e dei valori della democrazia liberale, almeno in teoria: a un bravo cittadino democratico sembra difficile pensare che si possano limitare le libertà fondamentali delle persone senza un processo.
Alcune di queste misure sono nate infatti come strategie “eccezionali” per contrastare il “terrorismo internazionale”: di fronte al rischio del “terrorismo” a molti sembra accettabile anche fare qualcosa di non perfettamente “democratico” e “liberale”.
Come spesso succede però, il loro utilizzo è stato poi esteso in modo strumentale a tantissime altre categorie di persone, diventando sempre meno “un’eccezione” e sempre più una regola.
Derivando dall’anti-terrorismo, alcune di queste misure possono essere protette da segreto e non devono per forza essere notificate in anticipo: anche se sei unə cittadinə europeə, la tua presenza in un Paese UE può essere sospetta o illegale senza che tu lo sappia. Proprio per questo puoi quindi venire controllatə, interrogatə, espulsa, o anche arrestatə senza nessuna denuncia formale contro di te.
Assurdo? 
Sì.
Anti democratico?
Forse.
Eppure è proprio così che funziona.

ALLARGARE LO SGUARDO
Dal 2023 l’uso di queste misure contro i militanti politici è sempre più diffuso in Europa, soprattutto tra Italia, Francia e Germania. 

Purtroppo, questa deriva non ci può stupire. Gli Stati europei usano già da decenni le misure amministrative contro le persone migranti e razzializzate, che ogni giorno vengono fermate, controllate, respinte ed espulse, rinchiuse per mesi o anni nei centri di detenzione amministrativa (CPR/CRA), o lasciate morire in mare e sulle montagne, nel silenzio quasi generale. 


La libertà di movimento, i diritti, la democrazia e la garanzia di una tutela della tua incolumità e dignità semplicemente non esistono e non sono mai esistite se non hai un passaporto “occidentale” o se non hai soldi. 

Se allə cittadinə europeə oggi sembra un’assurda eccezione, per moltissime persone questa è sempre stata la normalità. In Palestina, per esempio, la detenzione amministrativa (preventiva, senza giustificazione nè processo) è la forma più comune utlizzata da Israele per la repressione del popolo palestinese. 
Arrestare, fermare ed espellere per prevenire, non sono retaggi da paesi in Guerra o da paesi non-occidentali, sono anzi, assolutamenti sostenuti e ampiamente utilizzati da quei paesi che vantanto di essere “democratici”. 
Anche in Europa la libertà di movimento e la libertà personale non sono mai davvero garantiti per nessuno. Gli Stati hanno sempre il potere di revocare o limitare i diritti, senza passare da un processo. Avere un passaporto dell’Unione Europea è (e resta) un grandissimo privilegio, ma le sue garanzie ormai contano fino a un certo punto.

Che tu sia antifascista, pro Palestina, anti capitalista, anti imperialista o per la giustizia sociale e climatica,la tua libertà di movimento è arbitrariamente concessa o revocata dalle Polizie e i Ministeri degli Interni. 
Perchè non conta quello solo che si fa, ma anche e soprattutto quello che si è, quello che si pensa e si dice, le persone e gli spazi che si frequentano. 

Per questo che è importante combattere queste misure repressive, perché nessunə ne sia più vittima: la limitazione della libertà di altrə ci riguarda sempre e ci riguarda tuttə.

Pensiamo che in questo momento la situazione europea sia particolarmente grave. In questo periodo di grande crisi economica e politica globale, con il genocidio in corso e il “blocco occidentale” che corre verso il riarmo e la guerra, crediamo che questo tipo di repressione possa solo peggiorare. 
Per preparasi alla guerra, storicamente, si inizia sempre reprimendo il dissenso interno, prima di attaccare un nemico esterno. 
Chi si oppone a queste politiche verrà colpitə sempre di più, soprattutto seil dissenso assume una dimensione internazionale. Le relazioni, gli spostamenti e la solidarietà tra diversi popoli rappresentano un pericolo per gli Stati che stanno diventando sempre più autoritari.

Tra attivistə e militanti, le persone colpite in modo più grave sono ovviamente le persone migranti, richiedenti asilo, senza cittadinanza e palestinesi. Per loro ricevere misure amministrative di questo tipo potrebbe voler dire perdere il permesso di soggiorno o il diritto di asilo, essere rinchiusə per mesi o anni in un centro di detenzione, essere espulsə in Paesi in cui la loro vita sarebbe a rischio, come avrebbe potuto succedere in Italia a Mohamed Shahin, imam di Torino, arrestato e poi liberato. 

Chi non ha il privilegio di avere un passaporto “occidentale” rischia, da sempre, infinitamente di più. 
Chi ha un passaporto europeo e, anche di fronte a rischi minori, ha la fortuna di ricevere più attenzione mediatica, ha oggi il dovere di parlare apertamente di queste misure, che riguardano potenzialmente tuttə.

Pensiamo che sia il momento di prendere in mano seriamente questa questione.


L’ALTRO LATO DELLA MEDAGLIA
Questo utilizzo sempre più diffuso delle misure amministrative e preventive si inserisce nel quadro di una cooperazione sempre più stretta tra le Polizie europee. È importante ricordare che si tratta di un’azione complementare alla pesantissima repressione penale che colpisce gruppi e individui impegnati in percorsi di lotta. Anche su questo fronte si registra, proprio a partire dal 2023, un salto di qualità. La testimonianza più evidente sono i processi farsa per i fatti di Budapest e per la fantomatica associazione “Antifa Ost”, a cui la campagna internazionale di solidarietà FREE ALL ANTIFAS (https://freeallantifas.noblogs.org/) sta portando supporto.

La vicenda di Budapest e di “Antifa Ost” sono le testimonianze più gravi e più eclatanti di accanimento contro l’antifascismo internazionale, in cui si distinguono i governi Ungherese e Tedesco, e in cui abbiamo visto le diverse Polizie UE collaborare con “mandati di arresto europei”. Vogliamo qui ricordare anche altri episodi, minori ma significativi, come lo scioglimento dei gruppi “GALE – Groupe Antifasciste Lyon et Environs” e “La Jeune Garde” da parte del Governo Francese. 

La repressione dei movimenti antifascisti non dipende da singoli governi autoritari, ma è un fatto Europeo: le Polizie dei diversi Paesi collaborano schedando i propri cittadini, creando liste di generici “sospetti” e scambiandosi informazioni sui loro movimenti.
Né i processi in Germania e Ungheria, né i “mandati d’arresto europei”, né i controlli, le espulsioni e gli arresti in Francia e Germania sarebbero possibili senza questo tipo di collaborazione. 

Infine, in un quadro globale, ricordiamo anche il recente inserimento dei gruppi “Antifa” (anche europei) nella lista delle associazioni terroristiche voluto da Trump, e l’escalation della repressione verso l’antifascismo militante negli USA, operazione che apre scenari repressivi sempre più inquietanti.


CONCLUSIONI
In un’Europa che si sposta sempre più a destra e che corre velocemente verso la guerra, crediamo sia fondamentale mettere a fuoco tutte le dinamiche descritte e trovare insieme le dovute contromisure. C’è bisogno oggi di tutta la nostra intelligenza, determinazione e creatività per avere uno sguardo ampio e tenere insieme i diversi piani. Sappiamo anche che appellarsi alle istituzioni non basta: serve una risposta politica forte e collettiva.

La libertà di movimento è un presupposto imprescindibile sia nelle legittime esigenze di vita delle singole persone sia per l’agibilità politica di attivistə e militanti, soprattutto in un’ottica di confronto internazionalista.

Con questo comunicato (tradotto in diverse lingue) vogliamo raggiungere il maggior numero di persone per:
    • alzare il livello di consapevolezza circa l’uso delle misure preventive e amministrative
    • comprendere e divulgare il più possibile il modo in cui funzionano
    • conoscere e raccogliere altri casi simili (siamo sicurə che ce ne siano tanti)
    • unire solidali, attivistə, militanti, avvocatə per fare informazione e creare solidarietà
    • aiutare chi è colpitə da queste misure a ricevere assistenza e tutela legale
    • sviluppare un’analisi politica sull’uso delle misure preventive e amministrative all’interno della fase storica attuale
    • portare la nostra solidarietà verso tuttə lə antifascistə e lə compagnə detenutə e colpitə dalla repressione, verso tuttə lə prigionierə politicə palestinesi e verso tutte le persone recluse nei CRA/CPR.
    • tutelare e rivendicare i nostri spazi di agibilità.
    
Chiediamo la massima diffusione e ci auguriamo di poter aprire al più presto un confronto collettivo.

LIBERƏ TUTTƏ

Assemblea per la costruzione delle giornate per Dax (Milano)

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